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Approfondimenti: il melasma

 

Il melasma è un disordine della pigmentazione caratterizzato dalla comparsa di chiazze iperpigmentate, simmetriche, disposte in sedi fotoesposte quali principalmente il viso e gli arti superiori Questa condizione colpisce milioni di persone in tutto il mondo, prevalentemente donne: solo negli Stati Uniti è stato valutato come l’affezione colpisca oltre 6 milioni di persone tra le quali sino al 40% della popolazione femminile1. Il melasma è più evidente nei fototipi più scuri (Fitzpatrick III-IV), in particolare tra le popolazioni ispaniche, africane e soprattutto asiatiche. Si calcola che tra i pazienti che richiedano una consulenza per problemi estetici in Asia oltre il 50% di essi abbia come finalità l’ottenimento di un miglioramento di questa affezione cutanea.

Il melasma è considerato una delle alterazioni della pigmentazione più recalcitranti e difficili da trattare. I vari protocolli di trattamento come la dermoabrasione, l’utilizzo di creme o peeling chimici hanno da sempre mostrato risultati limitati o l’insorgenza di importanti effetti avversi, così come l’impiego vari tipi di laser o luce pulsata.

 

Patogenesi

La patogenesi del melasma è considerata multifattoriale, e può derivare da squilibri ormonali, esposizione alla luce UV, o da fattori genetici. In uno stato normale i melanociti dermici sono stimolati per sintetizzare melanina, che viene poi incorporata nei melanosomi e distribuita ai cheratinociti. I cheratinociti migrano verso la parte più superficiale dell’epidermide formando uno strato protettivo di pigmentazione. Nel caso del melasma si assiste ad una iperproduzione di melanina ed i melanosomi acquisiscono alterazioni ultrastrutturali normalmente non evidenziate nella cute sana.  Il fenomeno provoca una produzione eccessiva di melanina responsabile delle macchie brunastre che appaiono sulla cute. A seconda della profondità della melanina nella pelle, il melasma viene classificato come epidermico, dermico, o misto. I recenti studi al riguardo hanno tuttavia evidenziato una fisiopatologia molto più complessa: pur essendo l’eccessiva produzione di melanina il punto principale del problema, le alterazioni della cute coinvolgono anche il microcircolo ed il collagene, suggerendo come l’approccio al problema debba essere sempre più considerato multifattoriale.

 

Trattamento

La maggior parte dei presidi terapeutici tradizionali concentra la sua azione sulla riduzione di melanina (agenti depigmentanti), sulla interruzione del processo enzimatico di produzione di pigmenti all’interno melanociti (agenti bloccanti la melanogenesi), ed infine sulla protezione solare scrupolosa e continuativa finalizzata ad evitare qualsiasi ulteriore stimolazione dei melanociti da parte della luce solare.

Nonostante l’azione sinergica di tutti questi componenti, spesso la loro azione non è sufficiente ad interrompere il processo di iperproduzione di pigmento con il risultato di una progressiva deposizione dello stesso nella cute e l’insorgenza delle caratteristiche iperpigmentazioni simmetriche. La permanenza della pigmentazione nello strato dermico richiede l’utilizzo di terapie di secondo livello, come peeling chimici o laser frazionato per citare quelle maggiormente utilizzate. La finalità di trattamenti maggiormente aggressivi è quella di raggiungere più profondamente il pigmento rispetto a quanto possibile fare con i soli prodotti topici: la persistenza di concentrati di melanina nel derma rende infatti visibile il melasma anche durante la stagione invernale rendendo vano ogni tentativo di arginare il fenomeno con filtri solari o creme specifiche. L’impiego di metodiche invasive è spesso stato oggetto di critiche per la frequenza dei possibili effetti avversi che non raramente comprendono un “effetto rebound” caratterizzato dall’insorgenza di iperpigmentazioni talora peggiorative rispetto alla condizione di partenza.  Non deve essere poi mai dimenticato il concetto che, trattandosi di trattamenti che non agiscono a livello eziologico, la recidiva delle manifestazioni cutanee è sempre da considerare anche quando vengano utilizzate tutte le citate misure di prevenzione.

 

L’utilizzo del laser

Negli ultimi anni si sono moltiplicati i tentativi di approccio al melasma con tecnologie laser.  Considerando la profondità di penetrazione dermica l’uso della lunghezza d’onda di 1064nm è considerata ideale per la penetrazione e l’assorbimento da parte della melanina. L’obiettivo del trattamento è quello di erogare energia laser in grado di essere assorbita dai componenti melanici ma contestualmente di minimizzare la diffusione termica al tessuto circostante. Oltre al danno termico, il laser Q-switched fornisce anche energia fotoacustica determinata dall’ampiezza degli impulsi (nell’ordine dei nanosecondi), che è ulteriormente in grado di disgregare le componenti del pigmento. Per questo motivo diversi studi hanno sostenuto l’utilizzo del laser Q-switched nel trattamento di Melasma.
Uno dei primi lavori è stato riportato da Polnikorn su pazienti asiatici. L’autore considerò 35 casi di Melasma refrattario ai comuni trattamenti ed ipotizzò un protocollo di 10 sedute settimanali con due trattamenti mensili di follow-up. I parametri utilizzati furono 1064 nm, spot 6 mm, fluenza variabile da 3 a 3,4 joule / cm2, 10 hz. A sei mesi di follow up, il 30% dei soggetti registrò una eccellente risposta (> 81%) e il 36,7% una buona risposta (51-80%) 5. In seguito a questo articolo, Suh e colleghi hanno studiato l’uso del laser 1064nm Q-switched in 23 pazienti coreani con Melasma. Nello studio i pazienti sono stati trattati in 10 sessioni settimanali. L’energia laser è stata impostata con parametri simili a quelli del precedente lavoro e l’efficacia è stata misurata da una diminuzione nel punteggio MASI e un questionario di soddisfazione da parte del paziente. Il punteggio medio del MASI è sceso da 14.15 al basale a 7,57 a dieci settimane ed è stato statisticamente significativo a 3 mesi dopo l’ultimo trattamento. L’autovalutazione dei pazienti fece registrare un miglioramento da 2,11 al basale a 7,02 a 3 mesi dopo l’ultimo trattamento. Non ci sono stati gravi effetti collaterali come cicatrici, atrofia, o sovrainfezioni.

A questi lavori ne sono seguiti numerosi altri, tanto che l’utilizzo del laser q switched a bassa fluenza è divenuta una prassi consolidata in numerose condizioni di discromia cutanea per l’efficacia e la bassa incidenza di effetti avversi.

 

Protocollo di trattamento: esperienza personale

Sin dall’uscita del primo articolo originale ho utilizzato un laser q switched a 1064 nm, caratterizzato da un’ampiezza d’impulso di 6 nsec ed un profilo del beam “top flat”, seguendo lo stesso protocollo descritto dal Dott. Polnikorn con piccole modifiche: vengono pianificate una seduta settimanale per 10 settimane e tre sedute di mantenimento ogni 2 settimane al termine del ciclo completo. Prima della seduta i pazienti sono stati istruiti a evitare l’esposizione al sole per quattro settimane. Il giorno del trattamento è stato consigliato di lavare accuratamente la cute con sapone e di non applicare alcun tipo di trucco. L’area da trattare viene comunque ulteriormente detersa prima dell’inizio della seduta. I parametri di trattamento vengono determinati sulla base della gravità del melasma e sul fototipo. Gli end point clinici desiderati consistono in un lieve eritema ed edema, un debole rumore determinato dall’effetto del laser sulla pelle, ed una appena percettibile sensazione di calore, ma non di dolore, riferita dal paziente. In genere la presenza di pigmentazione scura suggerisce di partire con fluenze inferiori, mentre la pigmentazione più chiara permette di utilizzare sin dall’inizio fluenze più elevate. Tutti i tipi di pelle vengono inizialmente trattati con uno spot di 8 mm, 10 Hz e fluenza di 2,4 J / cm2, fino all’ottenimento degli end point desiderati, a quel punto la dimensione dello spot viene ridotta a 6 mm (per i fototipi da I a IV) e la fluenza regolata ad un valore compreso tra 2,8 e 3,4 J / cm2. I trattamenti vengono avviati sulle aree più estese del viso – quali la fronte – ed il manipolo viene mantenuto a distanza uniforme con un movimento che prevede una sovrapposizione del 10% circa tra gli spot successivi. Effettuo normalmente 10 passaggi in una direzione e 10 passaggi perpendicolari alla direzione precedente per coprire l’intero viso, per un totale di 20 passaggi ad ogni seduta. A domicilio viene consigliato l’utilizzo di una crema a base di alfa arbutina e vitamina C ed un filtro solare 50+.

 

Discussione

Il Melasma è un inestetismo cutaneo molto diffuso ed ancora oggetto di approfonditi studi riguardanti la sua eziopatogenesi ed il suo trattamento.  Nonostante gli svariati approcci terapeutici non vi è ancora un protocollo operativo universalmente accettato, ma al contrario i lavori riportano numerosi metodi per affrontare il problema con tecnologie spesso molto distanti tra loro. Tutti gli autori sono comunque consapevoli di come il trattamento rappresenti solamente uno step nel complesso management del melasma, dal momento che nessuna terapia è in grado di risolvere le condizioni di base dell’inestetismo, che sono ancora per la gran parte sconosciute, ed ogni approccio al paziente deve partire dalla consapevolezza che se non vengono attuate tutte le misure preventive necessarie la condizione è destinata ad una immancabile recidiva.

Nell’ambito di questa gestione nella mia esperienza l’utilizzo del laser Q-Switched a bassa fluenza ha dimostrato di essere uno strumento prezioso e convalidato da numerosi studi ultrastutturali effettuati con microscopio elettronico e confocale. L’azione di progressiva di riduzione di dimensione sia dei melanociti che dei melanosomi permette di ottenere una graduale scomparsa della pigmentazione anche nei casi più inveterati contribuendo in modo significativo a migliorare il benessere dei pazienti. Le dosi submassimali di fluenza riducono in modo significativo la possibilità di effetti collaterali e rendono questa metodica particolarmente confortevole e sicura. Il principale limite riscontrato risiede nella quantità di sedute richieste, spesso un limite all’aderenza al trattamento sia per i costi che per la disponibilità di tempo.  È auspicabile che le nuove tecnologie a picosecondi possano essere altrettanto efficaci e richiedere un numero inferiore di sedute: credo sia uno dei principali obiettivi che i ricercatori cercheranno di dimostrare nei prossimi anni al fine di aumentare il novero di offerte terapeutiche disponibili per questo difficile e diffuso disestetismo.

 

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