Approfondimenti: il laser CO2 frazionato
Il laser ad anidride carbonica emette un raggio della lunghezza di 10.600 nm assorbito in modo elettivo dall’acqua, analogamente ad altri apparecchi, quali il laser ad erbio, denominati “laser chirurgici” per distinguerli da quelli selettivi su alcuni cromofori. Può essere utilizzato come laser chirurgico in modo incisionale: per questa finalità viene impiegato alla distanza focale, concentrando l’energia sulla linea di taglio. Un’altra importante caratteristica che lo rende idoneo all’applicazione chirurgica è quella di poter ottenere una coagulazione contemporanea al taglio (coagula i linfatici più piccoli e i vasi capillari di diametro inferiore ad 1 mm).
Allontanando il manipolo dalla superficie cutanea, si ottiene un raggio sfocato con spot di irradiazione più ampio e maggiore dispersione dell’energia: ciò consente la distruzione di lesioni superficiali con minimo rischio di danno per le strutture profonde (vaporizzazione). Numerose neoformazioni cutanee possono essere vantaggiosamente trattate con i laser a CO2: cheratosi seborroiche, verruche, condilomi, xantelasmi, adenomi sebacei, siringomi, tanto per citarne alcune. L’apparecchio è utilizzato con successo anche per il trattamento del rinofima e di neoformazioni cutanee estese, quali il nevo epidermico verrucoso.
Nei primi anni 90 la metodica fu applicata al volto utilizzando una apparecchiatura in grado di emettere impulsi molto brevi, al di sotto del TRT della cute (stimato intorno ad 1 msec), e ripartiti su tutta la superficie cutanea tramite uno scanner computerizzato in grado di distribuire l’impulso laser sul volto in modo omogeneo. Questa procedura, denominata laser skin resurfacing, sostituì ben presto altre metodiche volte ad un rimodellamento della cute del volto – quali la dermoabrasione meccanica o i peeling invasivi – normalmente utilizzate per migliorare l’impatto estetico delle cicatrici acneiche o il severo fotodanneggiamento cutaneo. La tecnica fu subito accolta favorevolmente per gli ottimi risultati ottenuti e la relativa facilità di esecuzione. Purtroppo i primi entusiasmi furono ben presto ridimensionati a causa delle numerose limitazioni pratiche che emersero nell’utilizzo della procedura: trattandosi di un intervento piuttosto doloroso era richiesta la sedazione profonda o l’anestesia generale, i tempi di recupero per il ripristino di una normale situazione cutanea erano molto lunghi così come frequenti risultavano essere gli effetti collaterali. Alcuni anni dopo la stessa metodica fu perfezionata tecnologicamente grazie alla creazione di uno scanner in grado di “frazionare” l’impulso laser CO2 non più sull’intera superficie cutanea ma solo in alcuni punti (DOTS). La cute tra un punto e l’altro rimaneva indenne e così gli effetti collaterali ed i tempi di recupero furono ridotti. La nascita del laser “frazionato” fu accolta favorevolmente dagli operatori ed anche dall’industria che colse nuove opportunità di per sviluppare tecnologie alternative, come i laser frazionati cosiddetti “non ablativi” che tanto successo hanno ottenuto nei recenti dieci anni e furono i primi a sfruttare questo principio. Le apparecchiature utilizzano una sorgente che emette un raggio di lunghezza d’onda nel medio infrarosso (1540 nm, 1450 nm e 1320 nm) che permette di ottenere un cono di denaturazione del tessuto sottoepidermico senza ledere l’epitelio. Tale caratteristica permette di accorciare ulteriormente il decorso post operatorio con down time estremamente contenuto. Anche in questo caso tuttavia, dopo un iniziale ottima accoglienza da parte dei medici, ci si rese conto del limite della tecnologia, in questo caso troppo superficiale e poco adatta a trattare le cicatrici da acne o le condizioni di foto aging più marcate: il laser CO2 frazionato eccitato a radiofrequenza rappresenta pertanto attualmente l’apparecchiatura più equilibrata in termini di compromesso tra tempi di recupero, sufficientemente ristretti, ed efficacia clinica, superiore alle tecnologie non ablative o non dotate delle medesime caratteristiche tecniche.
Il laser CO2 eccitato a radiofrequenza, solitamente denominato ultrapulsato o superpulsato, possiede la capacità di emettere un impulso energetico molto potente in un tempo inferiore al TRT cutaneo: se paragonato ad altri laser CO2 la profondità di penetrazione del raggio è molto più ampia con minore danno termico nel tessuto periferico. Questo permette di ottenere una maggior efficacia clinica con tempi di recupero più brevi, di solito nell’ordine di alcuni giorni. I microcanalicoli di denaturazione termica, denominati micro termale zone (MTZ) riparano successivamente all’applicazione del laser determinando specifiche modificazioni tissutali:
- Ricostruzione normalizzata dell’epitelio
- Ritensionamento termico delle fibre dermiche
- Neocollagenogenesi per attivazione cellulare con aumento del tessuto elastico e collagene
Quest’ultima fase può avere una durata anche di superiore ad un mese e permette una parziale ma progressiva riduzione del fotoaging, un miglioramento estetico delle cicatrici acneiche e delle rughe superficiali.
Preparazione del paziente
In generale vanno osservate le stesse norme esposte nel capitolo dell’epilazione. È consigliabile l’applicazione di una crema anestetica prima del trattamento che andrà accuratamente rimossa. Sono assolutamente consigliabili una profilassi con antivirale ed antibiotico per via sistemica almeno un giorno prima della seduta ed i quattro giorni successivi alla stessa.
Esecuzione del trattamento
I laser frazionali possiedono numerosi parametri da impostare prima dell’applicazione del raggio luminoso. Questi sono ampiamente variabili in base alla marca ed al modello di laser utilizzato e sono molto influenzati dall’esperienza dell’operatore: in linea di massima i parametri più importanti da considerare sono:
- Potenza dell’impulso: a seconda delle aree da trattare debbono essere considerate le potenze più idonee. Ad esempio per l’area periorale nel trattamento delle rughe “a codice a barre” si utilizzeranno potenze superiori rispetto all’area della fronte.
- Tempo di esposizione: solitamente nei laser ultrapulsati è impostato di default nel trattamento con modalità frazionata. Alcuni modelli possono offrire la possibilità di decidere il tempo di permanenza dell’impulso: in questo caso andrebbe scelto, se tecnologicamente offerto, un tempo inferiore al TRT cutaneo che, come detto, è stimato attorno ad 1 msec
- Distanza tra i DOTS: la maggiore o minore densità dei DOTS sarà accompagnata da un’area di tessuto sano proporzionalmente più o meno ampia. La scelta dello spazio da lasciare tra i singoli canalicoli è funzione dell’effetto biologico che si vuole ottenere in base alla condizione da trattare. Per severo fotoinvecchiamento in pelle matura verrà scelto uno spazio minore, in grado di agire maggiormente sul tessuto, viceversa per ottenere un semplice miglioramento della texture cutanea potranno essere lasciati spazi maggiori che naturalmente daranno seguito ad un recupero più veloce ed alla minore incidenza di effetti avversi.
Effetti avversi
Tra gli effetti avversi poco frequenti e transitori ricordiamo l’eritema post trattamento e le iper o ipopigmentazioni. Sovente può osservarsi una riattivazione dei virus erpetici od una sovrainfezione batterica. È altresì comune la possibilità di osservare un modesto sanguinamento dopo la seduta.
Norme da seguire dopo la seduta
È importante proseguire a domicilio la profilassi antibiotica ed antivirale, evitare l’esposizione solare diretta per almeno due mesi dopo la seduta (all’occorrenza utilizzare filtri solari SPF 50+) e segnalare prontamente al medico l’eventuale insorgenza di effetti avversi.